L’imprenditorialità è un approccio alla vita

Oggi abbiamo trovato nero su bianco una bella  definizione di quello che intendiamo noi per imprenditorialità e che stiamo cercando di diffondere da qualche anno:

L’abbiamo trovata in un bellissimo articolo pubblicato nell’ebook pubblicato oggi da Alley Hoop, l’inserto del Sole24Ore, dedicato alla lotta contro la violenza sulle donne. Se volete leggerlo per intero, lo trovate qui.

Non importa che qui si stia parlando di donne. Perché l’imprenditorialità non ha genere. Ognuno ha il suo stile. Perché è proprio così: essere imprenditori o imprenditrici (di se stessi/e) è un modo di pensare, uno stato mentale che ti porta a comportarti in un modo proattivo, coraggioso, fattivo. E non c’entra nulla che si sia imprenditori di fatto, con una partita Iva aperta: chiunque, in qualunque lavoro ma anche al di fuori di esso, può usare la mentalità imprenditoriale.

Non si nasce col gene dell’imprenditorialità. Sono tutte attitudini apprese, perciò tutti possiamo allenarci a pensare in questo modo, se vogliamo approcciare la nostra vita prendendo in mano le redini e decidendo noi, e non qualcun altro, in che direzione andare, quando fermarci e ripartire, quanta strada fare e quale sia la meta finale.

Sta a noi, solo a noi, decidere quando allungare la mano.


Della serendipity o forse qualcosa in più

Due articoli in due giorni ed entrambi mirati sui temi con cui, dal 2012 a oggi, mi occupo con The Orange of Entrepreneurship insieme a Carla Fiorio. Sono quelli che ha pubblicato sul suo sito tra il 9 e il 10 agosto il World Economic Forum e che poi ha condiviso sui social network, grazie ai quali li ho scoperti. E che mi hanno fatto davvero piacere perché, in qualche modo, hanno fatto emergere delle riflessioni che vorrei condividere qui.

Il primo parla dell’importanza, per gli economisti, di aprire le loro prospettive anche ad altre discipline per poter così ampliare la loro visione ed elaborare delle teorie che descrivano meglio la realtà. La tendenza è già in atto (per esempio qui trovate un articolo che descrive come si stia passando dalla psico alla neuroeconomia) ma non è ancora penetrata in profondità negli ambienti accademici e di ricerca, per cui ho ben volentieri condiviso l’appello del WEF.

Il secondo articolo, poi, parla della differenza tra mentalità statica e dinamica che Carol Dweck dell’università di Stanford sta studiando da moltissimi anni. I suoi risultati sono un tema centrale nella nostra metodologia di training delle attitudini imprenditoriali: il nostro cervello è un organo incredibilmente plastico, se ci si allena a pensare che in ogni momento della vita possiamo imparare qualcosa di nuovo allora potremo raggiungere livelli di realizzazione sempre più elevati; se invece ci fermiamo davanti alle difficoltà pensando, magari anche inconsciamente, di “non essere abbastanza intelligenti” probabilmente ci incaglieremo.

Ripeterci e ripetere agli altri, fin da bambini, che il sapere fare qualunque cosa è un processo di apprendimento continuo, a volte faticoso certo ma sempre premiante, sarebbe fondamentale. Quindi Dweck ci dice che non dovremmo lodare le persone per il risultato ma per l’impegno che ci hanno messo, per non essersi arrese, per avere accettato la sfida. Fantastico, no?

L’ultima considerazione su questi due articoli riguarda, infine, un’altra cosa che diciamo sempre ai nostri corsi sulla serendipity, ovvero i colpi di fortuna casuali. Ecco, la fortuna esiste ma, secondo Carla e me, esiste un po’ di più per chi ha avuto il coraggio di perseguire il proprio sogno e di costruire giorno dopo giorno un percorso per raggiungere i propri obiettivi. Perché poi si viene ripagati. Come è successo a noi tra ieri e oggi, che, anche se in modo indiretto e involontario, abbiamo visto riconosciuto dal World Economic Forum la validità delle idee in cui crediamo e che stiamo portando avanti con entusiasmo e convinzione.

E vi assicuro che la soddisfazione è tanta!